ARTROSI DELLA SPALLA

Artrosi della spalla

L’artrosi della spalla è una delle patologie più comuni tra la popolazione, riguarda principalmente la popolazione di sesso femminile con età superiore ai 60 anni.

Nel corso di questo articolo parleremo di questa patologia, partendo dal suo significato spiegheremo in che modo viene diagnosticata, quali sono i sintomi che la caratterizzano e in che modo la fisioterapia può essere di aiuto ai pazienti che soffrono di questa condizione.

Cosa è l’artrosi?

L’artrosi è una patologia degenerativa che consiste nel danneggiamento progressivo della cartilagine. Con l’alterazione dello strato cartilagineo, i segmenti ossei delle articolazioni, non avendo più uno strato protettivo entrano in stretto contatto.

Il meccanismo reattivo del corpo allo “sfregamento” tra le superfici ossee è la produzione di materiale ulteriore osseo, gli osteofiti, nelle superfici articolari. Gli osteofiti porteranno a una limitazione importante del movimento

Cenni di anatomia e fisiologia della spalla

Per affrontare il tema dell’artrosi della spalla è necessario fare un quadro completo e riassuntivo delle caratteristiche anatomiche e fisiologiche di questa articolazione.

Come probabilmente già saprai, al movimento della spalla partecipano 4 elementi ossei diversi:

  • La Testa omerale
  • La Scapola
  • La clavicola
  • Lo Sterno

Questi quattro elementi ossei si articolano fra loro formando 5 articolazioni funzionali.

Quante sono le articolazioni della spalla?

Si parla di spalla come se fosse un’unica articolazione ma in realtà al suo interno comprende ben 5 articolazioni che si muovono in perfetta sinergia nonostante siano attivate da muscoli differenti.

Queste articolazioni sono:

  • gleno- omerale: tra la cavità glenoidea della scapola e la testa dell’omero;
  • acromion- clavicolare: tra il processo acromiale della scapola e l’estremità laterale della clavicola;
  • sterno clavicolare: tra sterno e margine mediale della clavicola;
  • scapolo toracica: riguarda il piano di scivolamento della scapola sulla gabbia toracica;
  • subdeltoidea: riguarda il piano di scorrimento del deltoide, sotto il quale si trova una borsa sierosa.

Di queste cinque articolazioni, le prime 3 che abbiamo elencate sono considerate “vere”, ossia con dei rapporti articolari tra due elementi ossei, mentre le ultime due sono dette “false” perché riguardano solo dei piani di scorrimento.

Quanti sono i muscoli che partecipano al movimento della spalla?

I muscoli che partecipano al movimento della spalla sono 17 e in base alle loro inserzioni anatomiche si possono distinguere in due gruppi muscolari differenti:

-Muscoli Intrinseci

Sono un insieme di muscoli che hanno entrambi le inserzioni nelle ossa che formano lo scheletro della spalla (omero, clavicola, scapola). Rientrano in questo gruppo:

  • il muscolo Deltoide,
  • il muscolo Piccolo rotondo e la cuffia dei rotatori che comprende il muscolo sovraspinoso,
  • il muscolo infraspinoso,
  • il muscolo piccolo rotondo e il muscolo sottoscapolare.

-Muscoli Estrinseci

Sono un insieme di muscoli che hanno solo un’inserzione sullo scheletro della spalla, come ad esempio:

  • il muscolo bicipite brachiale,
  • il muscolo tricipite,
  • i muscoli romboidi,
  • il muscolo trapezio,
  • il muscolo dentato anteriore,
  • il muscolo succlavio,
  • il muscolo elevatore della scapola.

Cosa è l’artrosi della spalla?

Parlare di artrosi di spalla è molto generalizzato, infatti l’articolazione della spalla maggiormente colpita da questa patologia è l’articolazione tra la fossa glenoidea della scapola e la testa dell’omero, per questo sarebbe più corretto definire questa condizione come artrosi gleno-omerale.

Nell’artrosi di spalla, la superficie cartilaginea che ricopre i capi articolari per cause che ancora oggi non sono ben chiare, tende ad andare incontro a una degenerazione progressiva. Si inizia con l’assottigliamento della cartilagine fino ad arrivare alla lesione vera e propria che porta le due ossa in questione (testa omerale e cavità glenoidea) a stretto contatto tra loro senza avere più alcun tessuto di protezione tra di loro.

Come in tutte le degenerazioni artrosiche, anche in questo caso, il contatto tra le superfici ossee stimola la produzione di tessuto osseo in eccesso, gli osteofiti. Gli osteofiti aumenteranno in modo lento e graduale negli anni fino a limitare in modo importante il movimento dell’articolazione.

Per rallentare la degenerazione artrosica si attuano protocolli di fisioterapia conservativa, mentre per curare una spalla con artrosi avanzata è necessario un intervento chirurgico di sostituzione dei capi ossei artrosizzati con la protesi, a cui segue un percorso fisioterapico di almeno 5 mesi. In condizioni di artrosi alla spalla, si ha una continua infiammazione dei tessuti e in alcuni casi, quelli più gravi, sono ben evidenti all’esame radiografico, la formazione di geodi (cavità) all’interno dell’osso.

Quali sono i sintomi dell’artrosi della spalla?

I sintomi sono rappresentati da:

  • Dolore
  • Limitazione del movimento
  • Degenerazione cartilaginea e ossea
  • Gonfiore e rossore
  • Calore nella zona dolente

Come viene diagnosticata l’artrosi della spalla?

L’artrosi di spalla è diagnosticata dal medico dopo che ha eseguito un’anamnesi, un esame obbiettivo, dei test clinici e soprattutto dopo aver visionato gli esami RX in doppia proiezione, dai quali è ben visibile la formazione di osteofiti tipica di questa patologia.

In cosa consiste il trattamento per l’artrosi della spalla?

Come già ti abbiamo accennato, la spalla artrosica può essere trattata con un percorso conservativo o chirurgico. La scelta dei due trattamenti dipende dal livello di degenerazione dell’articolazione.

Il trattamento conservativo per l’artrosi di spalla

Questo tipo di trattamento ha l’obbiettivo di rallentare il più possibile la degenerazione della spalla, mediante l’utilizzo combinato di:

  • tecniche manuali,
  • esercizi
  • mezzi fisici, laser ad alta potenza, tecarterapia, criosound.

che portano a ridurre la sintomatologia algica, a controllare l’infiammazione e a migliorare la mobilità.

Spesso infatti l’artrosi è in concomitanza di disfunzioni di movimento che possono essere migliorate e a volte anche risolte con l’utilizzo di tecniche specifiche, e questo permette di recuperare buona parte della funzionalità articolare. La frequenza delle sedute non è molto intensiva: nel primo periodo è di circa due volte a settimana, poi successivamente si passa ad una seduta a settimana.

Anche nei casi peggiori si esegue sempre un tentativo di trattamento conservativo, che nella peggiore delle ipotesi servirà ad accelerare i tempi di recupero dopo l’operazione.

La protesi per l’artrosi di spalla

Come sai, la protesi è la sostituzione di un elemento anatomico con uno artificiale. Nel caso della spalla, le protesi si distinguono in tre tipologie:

  • Endoprotesi: dove si sostituisce solo la testa omerale;
  • Artroprotesi: nella quale si sostituisce sia la testa omerale che la glenoide della scapola. Fanno parte di questa categoria le protesi inverse, chiamate così perché per evitarne la lussazione la dinamica tra i rapporti articolari è invertita: la testa omerale è concava e la glenoide della scapola è convessa.
  • Protesi miste: dove vi è una parziale sostituzione dei capi articolari, o di uno dei due mentre l’altro è sostituito totalmente.

La riabilitazione dopo la protesi di spalla

Come già hai letto in precedenza, la riabilitazione per la protesi di spalla incomincia già prima dell’intervento. Ormai quasi tutti gli ortopedici esperti la consigliano.

In fase preoperatoria il paziente viene e apprende tutti gli esercizi che dovrà compiere una volta avvenuto l’intervento, esegue un training di preparazione all’operazione con movimenti mirati al rinforzo muscolare e alla mobilità dell’articolazione e sarà tra informato di tutti i movimenti e i comportamenti a cui dovrà prestare attenzione nell’immediato periodo post operatorio.

La riabilitazione post operatoria inizia diverse settimane dopo l’intervento, quando l’ortopedico ritiene che l’articolazione sia pronta, ciò significa che la cicatrice non sia del tutto aperta e che il materiale impiantato sia ben stabile.

Si tratta di un ciclo fisioterapico impegnativo, della durata di diversi mesi. Gli obbiettivi di questo percorso riabilitativo sono 3:

  • Stimolare la riparazione dei tessuti
  • Recuperare la funzionalità
  • Prevenire le complicanze

Possiamo dividere il percorso terapeutico in diversi punti:

  1. Fase iniziale – Nelle prime terapie lo scopo è quello di ridurre il dolore e iniziare a recuperare la mobilità. Il fisioterapista eseguirà un lavoro passivo costituito di caute mobilizzazioni e massaggi per migliorare la mobilità dei tessuti e iniziare a dar movimento all’articolazione glenomerale. È fondamentale assicurarsi che le articolazioni di gomito e polso non abbiano problemi, a volte si rischia di avere della rigidità (soprattutto del gomito, nel movimento di estensione) per via della posizione mantenuta con il tutore. Appena la cicatrice si è chiusa completamente, è molto utile lavorare le aderenze connettivali, in modo da ridurre al minimo i fattori che possono incidere sulla ripresa del movimento.
  2. Seconda Fase – È caratterizzata dal recupero della motilità parziale, raggiungendo almeno i 90° di abduzione e di flessione senza che il paziente compensi con il sollevamento della scapola, e recuperando parte della rotazione esterna. In questo step si inizia un cauto rinforzo muscolare, partendo con delle contrazioni isometriche e procedendo con esercizi contro resistenza. In questa seconda fase si lavora anche sul recupero della propriocettività, ossia del controllo della spalla nello spazio.
  3. Terza Fase – Recupero massimo della mobilità della spalla nei tre piani dello spazio, recupero della funzionalità e della forza. Si arriva in questa fase, che sarebbe quella terminale, dopo vari mesi di fisioterapia. Il paziente è quasi del tutto autonomo, e a volte gli mancano giusto gli ultimi gradi di elevazione della spalla e di rotazione. Si mira a rendere l’arto superiore operato il più simile possibile all’arto sano, in termini di forza, resistenza e propriocezione.

Conclusioni

Se hai questo tipo di problematica, se devi operarti alla spalla perché hai un’artrosi molto avanzata, ti invitiamo a rivolgerti solo a Centri Fisioterapici di qualità. Come avrai già intuito, dopo aver letto l’articolo, non si tratta di un percorso semplice e ci sono molti fattori da prendere in considerazione e che possono influire sul percorso di cura oltre a quelli che ti abbiamo elencato.

Primo fra tutti è l’atteggiamento del paziente. Una persona che ha un motivo importante per recuperare che potrebbe essere la famiglia o il lavoro, sarà spronata a dare il meglio di sé in ogni seduta e a eseguire gli esercizi a casa che gli indicherà il fisioterapista.

Un altro elemento fondamentale è l’operazione, un’operazione riuscita alla perfezione getta le basi per un recupero ottimale della spallaun Centro fisioterapico di qualità saprà consigliarti chirurghi esperti. E infine la qualità del professionista e del percorso fisioterapico che progetta.

Le tecniche che vengono utilizzate, gli esercizi che vengono assegnati e la motivazione che riesce a infondere al paziente possono accelerare di molto i tempi di recupero, e soprattutto garantiscono maggiori possibilità di successo nella riuscita completa della protesi.